1.2.11

E Dio grazie perché l’hai fatta così bella.

Poi dopo un anno e mezzo, ti manca. Ti manca, ti manca, ti manca. Ti manca perché è bella da morire, perché tutte le volte che scendi, sorride, lì, a braccia aperte, di quei sorrisi che ti ricordano che nulla è cambiato, che lei c‘è sempre stata perchè non ha mai smesso di esserci; è rimasta mentre fuggivi, ti ha guardato andare, ti ha lasciato fare, ma in fondo già sapeva, sapeva che sarebbe arrivato quel giorno: ti sei voltata e non hai più ritrovato un giusto modo per salutarla. Non sai da dove iniziare, come prenderla. Boh, chiedi scusa, hai trascorso anni a sputarci sopra, a sbeffeggiarla, stanca di quell’ostilità letta sulle facce della gente. Ti pareva troppo piccola per te, ma forse lo è anche, piccola. O forse eri tu che eri scontenta, come tutti coloro che vivono con la sensazione che gli manchi chissà che, proprio quando ce l’hanno sottomano. Nel tuo caso, sotto i piedi. Nelle piccolezze vedevi la noia uccidere gli stimoli, ma poi hai capito che nel vuoto si aprono gli spazi della creatività, che nel vuoto sei tu a dover montare le cose, senza esterni né istruzioni, sei tu a dover aprire le finestre sul mondo per non ridurti a guardare il mondo da una finestra.

Di finestre ne hai aperte, alcune qua e là, perché i sogni erano arrivati a sfiorare i soffitti e dentro non ci stavano più; così hai aperto a curiosare, avresti finalmente potuto conoscere come si faceva, cosa si sentiva. Non c’è peccato più grande di non fare di tutto per tentare di star bene, e tu ci hai provato, non hai colpe per esserti dimenticata ieri di lei, avevi altro a cui pensare. A chi è in gamba, a volte capita di diventare i primi nemici di se stessi, di giocarsi contro. Così è stato per te, fatta una scelta, è da intelligenti rimpiangere quello che si è perso; ci si rende conto che le finestre (aperte o ancora da aprire) sul mondo sono come le stelle, quante sono non lo sai. Però almeno ora hai imparato che c’è sempre una finestra a cui non importa per quanto tempo rimanga chiusa o abbandonata, una finestra che quando la apri, quei sorrisi li fa entrare lo stesso, ancora: si vanno a mettere all‘inizio della via, la via che porterà il tuo nome, s’infilano laggiù, dove hai mosso i primi passi, ti coprono le spalle e illuminano davanti tracciando la tua sagoma in un'ombra. Prosegui sapendo chi sei, da dove vieni, dove vai. È il tuo sole, la tua città. E Dio grazie perché l’hai fatta così bella.