2.5.11

Grazie a K.

Ci sono luoghi che sgorgano d’umanità, sorgenti di peccato e risucchiatori d’anime. Si barattano i bicchieri, brindano i vizi. Sono luoghi di magia, poco importa se comuni, il mistero c’è, non svanirà. Eppure non puoi che sentirti terreno, incredibilmente terreno. Sono la nostra terra promessa, dove ciò che più conta non è la terra, ma la promessa. Quella che ogni anno manteniamo senza che qualcuno ce lo chieda, come un appuntamento mai fissato, ma a cui nessuno mancherà. Ci dev’essere un arcano non risolto, una forza occulta, un vincolo invisibile che ci lega, che ci guida fin laggiù: è un ciclo, nasci, muori, risorgi. Bene, là, risorgi. Ed è inspiegabile come tutto avvenga alla luce del primo sole. Ti ci immergi ad occhi aperti per poter guardarti intorno, scorgere il superfluo intento a far bagagli e andarsene. Con lui, i sensi di colpa, i brutti pensieri, gli affanni di una vita, in un fitto riaffiorare di fotogrammi, incollati insieme dal nostro ricordare ad alta voce, a gran voce, messi a fuoco dalle nostre bocche, alcuni storti, altri più dritti, ma comunque fotogrammi, fotogrammi di un’estate che già brama, un’estate che si ripeterà. È un ciclo.


Ci sono luoghi dove non occorre presentarsi al mondo; rivedi facce dimenticate riconoscerti, ti riscopri complice, amica, amante, compagna, confidente, bugiarda, come se il tempo avesse giocato di gesso, non di bisturi. Sei tu, te ne freghi della ruga aggiunta, sei tu, e sei a casa. L’immagine è quella di tanti cerchi, dai colori dell’arcobaleno, che si sovrappongono, che si collegano l’un l’altro a formare un universo. Ti ritrovi allo zenit, la linea sopra alla tua testa ha incontrato perfetta la sfera di quell’universo: ti circondi di mille sfumature, alla ricerca di quelle che ti si abbinano di più, perché sì, ti piace parteggiare quanto non ti piacciono gli indifferenti, e anche perché sei sfumatura tu stessa, alla deriva nell’aria. Il vento brulica di calore, schegge d’energia hanno iniziato a danzare una musica orgiastica, il cielo è all’unisono, l’odore è quello leggermente alcolico da ospedale, molto più che da ospedale. I muri crollano, la pelle si frantuma nella sabbia, profuma d’avventura, non c’è più il bisogno di soffrire, ciao fredda verità della ragione, ora sei dispensatrice di parole sussurrate in qualche abbraccio. L’amore ti ha toccato, ha scalato le tue vertebre per arrivarti dritto al cuore. Risorgi. E ti tirano i coriandoli.