29.10.14

La moda è una cosa seria. E frivola

La moda fa riferimento a un'esperienza intima e personale. Nessun altro oggetto è tanto vicino alla nostra pelle e alle nostre attività quotidiane quanto lo sono l’abbigliamento e gli accessori. Nella sua materialità, nella sua dimensione visuale e nella sensazione che produce, l’abbigliamento possiede significati propri che danno vita a un arazzo di segni che impongono il proprio linguaggio al corpo di chi lo indossa, sia che questo avvenga per scelta o in maniera inconsapevole. La complessità intrinseca della moda tocca quindi in prima istanza e primariamente il sé. Se la moda, come la definisce Gianna Manzini (“La donna”, 1935), è una cosa seria, è anche leggerezza e non è estranea alla vanità, alla seduzione e al desiderio di apparire al meglio.

M. Lupano e A. Vaccari (a cura di), Una giornata moderna. Moda e stili nell’Italia Fascista, Damiani, Bologna 2009, p. 132.

Finestra

Vorrei avere il tempo di sbirciare nelle finestre degli altri, ma non ce l'ho. Ho solo le finestre degli altri. E spero che almeno loro, gli altri, che almeno loro, il tempo, ce l'abbiano per sbirciare un po' nella mia: finestra.

27.10.14

Incostanza della moda

Da "La Trilogia della Villeggiatura" di Carlo Goldoni, 1761 / IERI COME OGGI

Giacinta: Signor padre, mi favorisca altri sei zecchini.
Filippo: E per che fare, figliola mia?
G: Per pagare la sopravveste di seta da portar per viaggio per ripararsi dalla polvere.
F: Poh! Non si finisce mai! Ed è necessario che sia di seta? 
G: Necessarissimo. Sarebbe una villania portar la polverina di tela; vuol esser di seta, e col cappuccetto. 
F: Ed a che fine il cappuccetto? 
G: Per la notte, per l'aria, per l'umido, per quando è freddo. 
F: Ma non si usano i cappellini? I cappellini non riparano meglio? 
Brigida: Oh, oh, i cappellini! 
G: Che ne dici eh, Brigida? I cappellini! 
B: Mi fa morir di ridere il signor padrone. I cappellini! 
F: Che! Ho detto qualche sproposito? Qualche bestialità? A che far tante meraviglie? Non si usavano forse i cappellini? 
G: Goffaggini, goffaggini. 
B: Anticaglie, anticaglie. 
F: Ma quando sarà, che non si usano più i cappellini? 
G: Oh! Due anni almeno.
F: E in due anni son diventati anticaglie? 
B: Ma non sapete, signore, che quello che si usa un anno, non si usa l'altro? 
F: Sì, è vero. Ho veduto in pochissimi anni cuffie, cuffiotti, cappellini, cappelloni: ora corrono i cappuccetti; mi aspetto che l'anno venturo vi mettiate in testa una scarpa. (Elsa Schiaparelli realizzerà il cappello-scarpa in collaborazione con Salvador Dalì nel 1936)
G: Ma voi che vi meravigliate tanto delle donne, ditemi un poco, gli uomini non fanno peggio di noi? Una volta, quando viaggiavano per la campagna, si mettevano il loro buon giubbone di panno, le calze di lana, le scarpe grosse: ora portano anch'eglino la polverina, gli scarpini colle fibbie di brilli, e montano in ch'esso colle calzone di seta. 
B: E non portano più il bastone; e portano l'ombrellino per ripararsi dal sole. 
G: E poi dicono di noi! 
B: Se fanno peggio di noi!




Il dialogo è citato in Commentario Dizionario della Moda Italiana (1936), edito dall'Ente Nazionale della Moda e compilato da Cesare Meano, il quale, a sostegno delle voci di moda analizzate, inserisce noti o meno noti commenti letterari. Per la voce "Incostanza della moda" riporta un brano tratto dalla prima commedia di La Trilogia della Villeggiatura (Goldoni, 1761), al fine di riflettere sulla fugacità delle fogge. All'interno del Dizionario, sotto la medesima voce, Meano farà seguire rime estratte da Il Dialogo della Moda e della Morte (Leopardi, 1824).

26.10.14

Chirurgia estetica 1944

[...] Il regista Margadonna allontanò, un giorno, un'aspirante diva, spiegandole che il suo naso era veramente troppo brutto, ma fu chiamato, una settimana dopo, nella casa della signora che, bendatissima, ma felice, annunciò: "Mi sono fatta aprire il naso come un carciofo, spero che mi darete una parte". Ebbe la parte, ed oggi è celebre. Una rivista femminile, che alimenta e consiglia la clientela di un chirurgo romano, scriveva testualmente: "Se verrai presto da noi, cara Fiorin di pesco, provvederò a renderti la serenità perduta, e la vita tornerà gioiosa a sorriderti, mentre tuo marito ti restituirà il suo cuore. Dunque il mio chirurgo si prepara a partire presto per la sua bella villa di montagna, ma si fermerà volentieri per te qualche giorno: il primo luglio potremo operarti il naso, il 2 aboliremo la pancia, operazione semplicissima, un taglietto, l'asportazione dell'adipe, pochi punti, ed il 3 passeremo alle borse palpebrali, quasi uno scherzo. Il 4 vorrei farti riposare, e ci limiteremo, quindi, ad una semplice permanente (non importa, se come mi dici, hai i capelli decolorati e scarsi, il mio parrucchiere di fiducia è bravissimo). Il 5 senz'altro penseremo ai seni afflosciati, anche qui rapido taglietto, rapida sutura, il 6 passeremo al doppiomento, e forse alla diminuzione dei polpacci, il 7 alla depilazione dei peluzzi che ti affliggono tanto, e, se tuo marito torna il 12 dal suo viaggio di affari, potrai andargli incontro bellissima. Salutoni".


Irene Brin, Usi & Costumi. 1920 - 1940, Roma : Donatello De Luigi, 1944.

16.10.14

Filare

Ero così fissata coi fili, soprattutto con quelli che ci tenevano legati l'un l'altro da lontano così come dal tetto alto del cielo, tali imbragature salva-amore. Inoltre avevamo, come tutti, i fili più o meno immaginari del telefono, i fili delle marionette d'emozioni, i fili nervosi e venosi fino ai più comuni fili di lana, ricordi di nonne, morbidezze di gomitoli rossi. Io Arianna, tu Teseo, ci filavamo l'un l'altro. Ma oggi, proprio quei fili, hanno messo su le spine. E non c'è vita che tenga allo strangolamento della gelosia.

Tinder pt. 1

Niente, ci sposeremo io e te. Saremo felici, ci inventeremo finte ma avventurose storie, bugie bianche, per tutti i pranzi coi parenti che verranno; romantiche, straordinarie, pirotecniche, cinematografiche storie, bugie bianche, sempre diverse, sempre travolgenti, pur di renderci invidiabili per la casualità del nostro primo incontro e per la naturalezza del nostro primo bacio; bugie bianche, pur di negare al mondo e ai noi stessi che ci siamo conosciuti dopo un match su Tinder, giusto appena 3 giorni fa.